COS’È LA CONTRAFFAZIONE

Con il termine “contraffare” si intende la riproduzione di un bene in maniera tale che venga scambiato per l’originale ovvero produrre, importare, vendere o impiegare prodotti o servizi coperti da proprietà intellettuale. La contraffazione è un fenomeno antichissimo che riguarda molti settori merceologici. La commercializzazione di prodotti contraffatti incide sulla sicurezza e la salute dei consumatori ma anche sull’economia del Paese poiché l’imitazione fraudolenta di un prodotto può anche provocare deviazioni del traffi co commerciale e fenomeni di concorrenza sleale (producendo gravissimo danno allo sviluppo della ricerca e alla capacità di innovazione).

L’ITALIAN SOUNDING

Spostandosi all’estero esistono forme imitative del prodotto italiano – non sempre di natura fraudolenta né necessariamente pericolose per la salute – che possono trarre in inganno il consumatore finale e che comunque incidono sulle potenzialità di export delle imprese italiane.

Questo fenomeno è generalmente noto come Italian Sounding, espressione che fa riferimento all’imitazione di un prodotto/denominazione/marchio attraverso un richiamo nel nome e/o nella grafica alla presunta italianità che non trova fondamento nel prodotto stesso.

L’Italian Sounding – che a differenza della contraffazione propriamente detta è difficilmente sanzionabile legalmente proprio perché nei vari mercati in cui viene attuato, si adottano comportamenti consentiti e non contrari alla legge – spesso si avvale dell’esperienza e delle conoscenze produttive portate dagli emigranti italiani. Il fenomeno è infatti maggiormente diffuso proprio nei Paesi che hanno rappresentato le tradizionali mete storiche di migrazione e dove le comunità italiane sono più radicate. La presenza di prodotti imitativi costituisce una delle principali cause della ridotta incidenza dell’export italiano sul fatturato perché consente ad alcune aziende locali di avere un vantaggio competitivo che non meritano, producendo a prezzi più bassi ma collocando il prodotto su fasce superiori di prezzo grazie al richiamo all’italianità.

A titolo esemplificativo, la più comune fattispecie del fenomeno ha riguardato, all’inizio delle emigrazioni, l’impianto di aziende con le stesse produzioni realizzate in Italia da parte degli espatriati nei nuovi Paesi; poi, nel corso del tempo, sono stati creati nuovi prodotti con marchi che richiamano nomi italiani. In molti casi, i discendenti di emigrati italiani hanno semplicemente usato (o tuttora usano) il loro cognome italiano come un marchio per i prodotti che, di fatto, non hanno più alcuna relazione con quelli originali.

Nella Relazione sulla contraffazione nel settore agroalimentare della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione si legge che a livello mondiale, si stima che il giro d’affari dell’Italian Sounding superi i 60 miliardi di euro l’anno (164 milioni di euro al giorno).

Secondo la Relazione, Nord America ed Europa, rappresentano “la culla” dell’Italian Sounding: nel continente nord americano si sviluppano complessivamente 24 miliardi di euro di fatturato, in confronto a un export di prodotti alimentari autentici pari a circa 3 miliardi di euro.

In generale, l’attività di contraffazione dei prodotti alimentari, unitamente al fenomeno dell’Italian Sounding evidenzia un giro d’affari stimato estremamente rilevante:

  • mondo: circa 60 miliardi di euro (poco meno della metà del fatturato dei prodotti originali e più di due volte l’export italiano);
  • Europa: ben 22 miliardi di euro (contro un export di 13 miliardi di euro per i prodotti originali)

COSA RIENTRA NELLA CONTRAFFAZIONE ALIMENTARE? LE DUE TIPOLOGIE DEL FENOMENO

Contraffare un prodotto alimentare significa: spacciare per originale (ad esempio una Dop) o di qualità superiore un prodotto che possiede in realtà caratteristiche diverse, solitamente di minore qualità se non nocive e/o illecite.

La contraffazione alimentare può essere di due tipi

Falsificazione, adulterazione o sofisticazione dell’alimento.

Si tratta della creazione di un alimento composto da sostanze diverse per qualità o quantità da quelle che normalmente concorrono a formarlo o modificato attraverso la sostituzione, la sottrazione, l’addizione di elementi che normalmente lo compongono.

L’art. 5 della legge 283/1962 (Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari) vieta di impiegare nella preparazione o distribuire per il consumo sostanze alimentari mescolate a sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale: sono vietate adulterazioni e variazioni compositive degli alimenti.

Falsificazione del marchio o dell’indicazione di provenienza geografica o della denominazione di origine.

Si tratta dell’apposizione di un dato falso sull’alimento o sulla sua confezione, ovvero dell’abusiva riproduzione del brevetto secondo il quale l’alimento stesso è prodotto. Questo tipo di contraffazione risulta maggiormente diffuso all’estero e spesso collegato al fenomeno imitativo dell’Italian Sounding.

I PRINCIPALI CASI DI CONTRAFFAZIONE ALIMENTARE

I prodotti più contraffatti sono paradossalmente i prodotti più rappresentativi della qualità della produzione agroalimentare italiana, ingrato riconoscimento delle eccellenze produttive del nostro Paese che, però, testimonia anche l’alto livello di business intorno al falso cibo. I prodotti maggiormente “violati” ed oggetto di contraffazione risultano:

Vini:

  • ottenuti dalla fermentazione di zuccheri di natura diversa da quelli dell’uva (pratica vietata in Italia ma ammessa in altri paesi dell’UE);
  • aggiunta di coloranti;
  • aggiunta di alcol metilico (metanolo) per aumentarne la gradazione;
  • aggiunta di conservanti antiossidanti illegali come acido borico e acido salicilico;
  • aggiunta di aromatizzanti;
  • aggiunta di antigelo (glicole dietilenico) per aumentarne la morbidezza ed il corpo;
  • qualità inferiore a quella dichiarata in etichetta;
  • eccesso di anidride solforosa o gradazione alcolica inferiore a quella prevista.

Oli:

  • olio extravergine contenente oli raffi nati, sia di oliva che di semi;
  • oli con tenori analitici non rispondenti ai requisiti previsti dai regolamenti comunitari;
  • oli di semi variamente colorati che possono venire spacciati per oli di oliva.

Miele:

  • aggiunta di zuccheri di altra origine;
  • vendita di un miele di una origine botanica diversa da quella dichiarata;
  • vendita di mieli extracomunitari per mieli italiani.

Formaggi:

  • aggiunta di grassi, soprattutto margarina, per ottenere la quantità lipidica richiesta da quel particolare formaggio che si vuole ottenere;
  • aggiunta di fecola o di farina di patate o di amidi per aumentarne il peso;
  • aggiunta di pectine e gomme viniliche ai formaggi molli per conferire maggiore compattezza;
  • aggiunta di formaldeide ai formaggi duri a scopo disinfettante per mascherare difetti di lavorazione dovuti all’utilizzo di latte scadente;
  • vendita di formaggi di provenienza diversa, e magari estera, come tipici o a Denominazione di Origine Protetta DOP;
  • formaggi pecorini contenenti percentuali più o meno elevate di latte vaccino;
  • formaggi ottenuti con latte in polvere ricostituito (consentito in altri Paesi);
  • attribuzione della designazione di formaggio Doc a formaggi comuni;
  • aggiunta di sostanze coloranti o minerali.

Mozzarella:

  • impiego di “caseine industriali magre” o di “latte in polvere ad uso zootecnico”;
  • nelle mozzarelle a denominazione di origine tipica o protetta o garantita vengono impiegate cagliate di origine estera (cagliate lettoni, ungheresi, polacche o di altri Paesi UE);
  • mozzarelle di bufala contenenti percentuali più o meno elevate di latte vaccino.

Latte:

  • annacquamento;
  • tenore di grasso differente rispetto a quello dichiarato in etichetta;
  • aggiunta di acqua ossigenata per ridurre una carica batterica elevata;
  • commercializzazione di latte per neonati contenente proteine di soia geneticamente modificata;
  • trattamenti di risanamento non consentiti;
  • utilizzo di latte inacidito neutralizzato con l’aggiunta di alcali;
  • latte fresco ottenuto da latti precedentemente pastorizzati;
  • utilizzo di latte in polvere ricostituito (con latte in polvere per uso zootecnico);
  • latte pastorizzato più volte;
  • utilizzo improprio di diciture come “naturale”, “bio”, “eco”, evocanti il metodo di produzione biologico in prodotti invece del tutto convenzionali.

I PRINCIPALI CASI DI ITALIAN SOUNDING

Alla contraffazione vera e propria si aggiungono i tanti casi di Italian Sounding. Tra questi, nel primo Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia di Eurispes/Coldiretti alcuni vengono individuati, ad esempio:

  • imitazioni di Parmigiano Reggiano o Grana Padano venduti legalmente come Parmesan (USA), Parmesanito (Argentina), Parmesao (Brasile) o Parma (Spagna) ;
  • imitazione dell’Aceto Balsamico di Modena IGP;
  • la pasta viene imitata nel mondo con i seguenti nomi: spaghetti napoletana, pasta milanesa, tagliatelle e capellini milaneza prodotti in Portogallo, linguine Ronzoni, risotto tuscan ed altri ancora;
  • Pompeian Olive Oil è il nome di un olio prodotto nel Maryland;
  • Cambozola tedesco ricorda il Gorgonzola milanese;
  • condimenti di salsa: pomodori pelati ‘grown domestically in the Usa’ o i pomodorini di collina cinesi e la salsa Bolognese dall’Australia;
  • il caffè Trieste Italian Roast Espresso prodotto in California con confezione tricolore.

COSA FARE DI FRONTE AL CONTRAFFATTO

Il primo passo verso una tutela del cittadino dalla contraffazione di tutti i prodotti è una chiara conoscenza dei propri diritti e poteri. “La politica europea per i consumatori fa grande affidamento sul concetto di “consumer empowerment” come strumento elettivo di protezione dei loro diritti e interessi legittimi”, si legge nel Rapporto Sicurezza Agroalimentare: motore di sviluppo sostenibile. Quali sono i poteri che fanno capo al cittadino? “Il potere di scelta nell’acquisto degli alimenti, il potere di segnalare prodotti e pratiche non conformi alla legge, il potere di citare in giudizio il produttore o venditore che gli cagioni un danno o lo faccia oggetto di una frode“.

È dalla consapevolezza di questi poteri e dalla conoscenza dei prodotti e del mercato che partono le strategie di autotutela per il consumatore. Ad esempio, è importante sapere come un prezzo troppo basso per un prodotto possa essere un campanello di allarme per il consumatore.

“Se un prodotto si trova sullo scaffale abitualmente in vendita ad un prezzo molto inferiore al costo medio di produzione per la sua categoria – si legge nel già citato Rapporto Sicurezza Agroalimentare: motore di sviluppo sostenibile – probabilmente si tratta di un prodotto scadente, quando non di un prodotto addirittura illegale (contraffatto, adulterato, sofisticato). A prescindere dai costi di pubblicità, distribuzione, packaging ed altri costi comprimibili, sui cui è possibile realizzare un certo risparmio per mantenere un prezzo di vendita competitivo, vi è una soglia sotto la quale il prezzo di vendita non copre le spese di produzione e distribuzione in condizioni normali, con materie prime, procedure di lavorazione, impianti e personale “a norma”.

Fonte: LA CONTRAFFAZIONE AGROALIMENTARE VADEMECUM PER IL CONSUMATORE

 

 

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