Nel processo di caseificazione il latte (crudo, termizzato o pastorizzato che sia) viene portato in un contenitore metallico fatto in modo da potere riscaldare il suo contenuto alla temperatura dovuta. Portato il latte a una temperatura che si aggira sempre sui 37°C, se ne standardizzano il tenore di proteine e quello dei grassi. Subito dopo, in genere si aggiungono dei fermenti lattici che hanno il compito di metabolizzare il lattosio producendo acido lattico e facendo, quindi, abbassare il pH del latte.

Nella maggior parte dei formaggi, dopo l’aggiunta dei fermenti e la loro prima azione acidificante, si aggiunge al latte una giusta quantità di “caglio”, ricco di specifiche proteasi che modificano la struttura delle caseine e le inducono ad incollarsi l’una all’altra formando un reticolo tridimensionale nel quale restano intrappolati gli altri componenti del latte iniziale. Questa massa iniziale è chiamata “cagliata”; nella produzione dei formaggi la cagliata viene poi rotta in frammenti più o meno grandi secondo il tipo di prodotto che si vuole ottenere. La rottura della cagliata provoca la fuoriuscita dai blocchi di parte dell’acqua e dei componenti solubili del latte (tipo le sieroproteine) che vanno a formare il cosiddetto “siero di caseificazione”.

Lasciando riposare il tutto, i blocchi di cagliata tendono ad incollarsi l’uno all’altro (sineresi) precipitando al fondo del contenitore, mentre il siero flotta in superficie. La separazione del siero dalla massa caseosa è chiamata fase di spurgo.

Subito dopo la massa caseosa può essere salata e viene compressa in forme cilindriche per dare origine alla vera e propria forma di formaggio.

La mozzarella è un formaggio a pasta filata fresco prodotto, di regola, con latte pastorizzato e a bassa acidità. Il suo processo produttivo diverge leggermente da quello degli altri formaggi descritto prima perché la cagliata viene sottoposta a uno speciale processo di acidificazione, detto “maturazione”. In genere questa maturazione viene portata avanti lasciando sostare la massa caseosa nel suo stesso siero, per cui il processo viene definito “maturazione sotto siero” e in definitiva è una acidificazione.

Le reazioni chimiche che intervengono nella cagliata durante questa acidificazione conferiscono alla pasta del formaggio la tipica consistenza elastica che permette di tirarla (“filatura”) e di plasmarla in varie forme. In termini tecnici, la maturazione modifica la struttura chimica della molecola di base del formaggio, il parafosfocaseinato bicalcico.

L’acidificazione stacca un atomo di calcio dal parafosfocaseinato e lo trasforma in parafosfocaseinato monocalcico, più sensibile al calore della normale molecola del formaggio vero e proprio.

Trattando la cagliata matura con acqua calda (bastano anche 54°C, ma per le normali mozzarelle si usa acqua bollente a 85°C), essa comincia a filare e si ottiene quella pasta di formaggio di consistenza elastica che è la caratteristica specifica dei formaggi a pasta filata.

Per inciso, questo trattamento termico è in grado di inattivare con efficacia i batteri alteranti che possono essersi accumulati nella cagliata fino al momento della filatura.

La maturazione della cagliata si può ottenere in tre modi:

  • (1) lasciando riposare la cagliata “sotto siero” a temperatura ambiente. In questo modo si favorisce la crescita dei batteri lattici presenti nella massa caseosa; i fermenti lattici scindono il lattosio della pasta, producendo acido lattico e l’acidificazione favorisce il distacco dello ione calcio che rende la pasta più filante al calore. Il formaggio che si ottiene avrà una notevole acidità (pH intorno a 5,1-5,2)
  • (2) aggiungendo al latte acidi organici come acido citrico o acido lattico. Anche in questo caso la pasta diventa filante, ma il prodotto sarà meno acido del formaggio prodotto nel modo (1)
  • (3) con un sistema “misto” che associa alla fermentazione con batteri lattici l’aggiunta (sempre al latte di partenza) di acidi organici. La pasta che si ottiene avrà un pH intermedio, più acido di (1) ma meno di (2).

L’elasticità che la pasta acquista con la maturazione permette di tirarla e plasmarla in varie forme; subito dopo i pezzi di formaggio sono immersi in acqua gelida (fase di rassodamento).

Per effetto dell’acqua, il formaggio si raffredda più o meno velocemente secondo la massa che ha e il prodotto assume quella tipica smaltatura a porcellana che lo caratterizza. Per obbligo di legge le mozzarelle devono essere vendute esclusivamente in confezione originale (deroga per i caseifici: questi ultimi infatti possono vendere la mozzarella allo stato sfuso), immerse in un liquido di governo che oggi non è più (come era un tempo) lo stesso siero di caseificazione, ma più semplicemente acqua salata e acidificata con acido citrico, per mantenere il formaggio umido e prevenire la proliferazione di batteri alteranti come Pseudomonas che potrebbero provocare la comparsa di difetti di colore, tra cui soprattutto il colore azzurro tipico della biovariante IV di Pseudomonas fluorescens.

Fonte: Formazione Veterinaria

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI CONSULTABILI
1. Alais C. (2000). “Scienza del latte”. Ed. Tecniche Nuove.
2. Bottazzi V. (2001). “Microbiologia e biotecnologia lattiero-casearia”.
3. Salvadori Dal Prato O. (1998). “Trattato di Tecnologia casearia”.

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